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218 il mostro a due teste

finchè giunsi in un campo più fondo, più chiuso, più cupo degli altri. Nel mezzo c’era una palma. A piè del tronco c’era una corona di morti. Erano nostri. Pel campo stavano sparsi altri morti. Una fila di soldati stava sotto il ciglione dinanzi e guardava i suoi morti. Sul campo passava di momento in momento il rombo del cannone. Era il nostro cannone che batteva più in là sugli arabi per sloggiarli e distruggere le loro case da cui tiravano. Finalmente, quando parve che si potesse fare, si ordinò ai soldati di saltare il ciglione e di andare a raccogliere i morti dal campo. Fu fatto. I morti furon portati fra noi, deposti a terra. Era già quasi notte in quel fondo. All’ultima luce mi chinai su loro, cercai i loro lineamenti con amore fraterno. Su tutti quei volti, su tutti quei corpi già rigidi stava l’impronta della nascita: erano di campagna, la maggior parte certo figliuoli di contadini. Ebbene, penso a loro tutte le volte che voglio rappresentarmi soldati italiani morti per la Tripolitania senza saper perchè. Questa è la tavola a destra del dittico.

La tavola a sinistra è poi la seguente. Io partii da Tripoli in Dicembre e tornatovi nel Marzo trovai che la guerra vi s’era arrestata per tutti, tranne per certa masnadetta di tripolini per i quali invece assai lautamente