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meditazione sull'acropoli 207

schiacciato sotto una foschia, e questa su Salamina era rotta da raggi di sole sanguigni, il mare sotto era di piombo; il Parnès tonava e lampeggiava: quando, intorno al Partenone m’apparve la strage delle colonne, i tamburi, ossa sparse, ammonticchiate. Vidi la distruzione del tempo. Vidi su quella roccia flagellata allora sotto i miei occhi dai lampi la distruzione del ferro e del fuoco nel tempo lontano. C’erano lì, incastrati nelle mura di Temistocle, le colonne, i fregi, altri pezzi de’ più antichi Partenoni; si portavano allora allora sotto i miei occhi in fretta e furia, a furia di braccia; i persiani erano passati col ferro e col fuoco, stavano per tornare; di giù dal teatro, dall’altra parte, Eschilo tonava e lampeggiava. Così m’apparve la tragedia d’Atene, bellezza terribile sull’Acropoli alla cui formazione avevano lavorato e lavoravano unanimi le forze della distruzione e quelle della creazione.

Ma sta in questo soltanto Atene? Sta in ciò che disse? E aggiungo: sta in ciò che fece? Sta nell’aver vinto presso quell’isoletta di Salamina i persiani di Serse che erano tanti e poi tanti che abbeverandosi, come ci racconta Erodoto, prosciugavano i fiumi per i quali passavano? Aggiungo ancora: sta Atene in ciò che patì? In ciò che, per