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il generale giovanni ameglio 187

vede in loro i piccoli operai della grandezza d’Italia. Li ama e li stima, d’un amore e d’una stima che grazie a Dio nella Libia e nell’Egeo ho ritrovati molto diffusi presso gli ufficiali superiori e inferiori per i loro soldati, non nei discorsi di conversazione, il che non è nulla, ma come sentimento profondo degli animi, il che è tutto. Guai a chi tocca i soldati italiani! Il generale Ameglio diventa furente. Una volta gli raccontai di aver letto qualche ora prima un giudizio d’un generale straniero sui nostri soldati. Quel giudizio non era affatto sfavorevole, ma non era pieno, almeno quale l’Ameglio l’avrebbe desiderato; talché lo vidi balzare in piedi ricoprendo d’improperii lo straniero che è pure glorioso, e celebrando le virtù dei soldati italiani, la loro sobrietà, la loro docilità, la loro affezione, la loro forza di resistenza, il loro coraggio nei combattimenti: dei suoi soldati di Psithos, di Rodi, delle Due Palme, della Giuliana, de’ suoi soldati d’Eritrea, di tutti i soldati italiani che hanno combattuto sin qui, e di quelli che combatteranno domani.

I lettori sanno quanto il generale Ameglio sia amato dai suoi soldati assuefatti ad acclamarlo vittorioso. Egli è veramente amato da tutti. È il solo uomo che ho trovato in vita mia e del quale posso dir questo: in