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le opere italiane a rodi 171


È superfluo tirare la conseguenza: che, cioè, gli indigeni, siano questi i greci, siano gli ebrei, siano gli stessi turchi (i quali, del resto, sono altrettanto buoni come sudditi quanto sono cattivi come politicanti e governanti, perchè sotto leggi dure s’addomesticarono e ora sono docili, senza servilità, anzi con dignità, appartati dagli altri), vengono sempre più a noi. In principio nessuno si presentava per i lavori, e gli stessi scarichi del porto dovevano esser fatti dai nostri soldati; oggi l’offerta di braccia è abbondante. In principio gli stessi greci liberati si peritavano perfino di vendere agli italiani; oggi quale fiducia! D’un solo loro atto dovevamo dolerci, non loro, bensì di pochi capoccia delle isole, altrettanto goffo per se stesso, quanto villano verso di noi: alludo al convegno di Patmos da cui uscì il noto appello alle potenze; ma redarguiti a tempo dal generale Ameglio si pentirono, confessarono il loro pentimento, a Kalimno, quando il generale Ameglio vi andò in visita, e il pentimento e la confessione cancellarono la villana goffaggine. Oggi l’unione, ossequiosa da parte de’ soggetti, benevola da parte nostra, è perfetta. Quei di Rodi e delle altre isole gustano i vantaggi del cambiamento di padrone, e non è come i primi giorni la generica riconoscenza per la