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126 in pellegrinaggio a psithos

C’era una solitudine che ci parlava come quella dei luoghi antichi, e se con la immaginazione la popolavamo quale al momento dello sbarco, vedevamo quello stesso Ameglio metter piede a terra, e distendersi per il piano e guadagnare le colline quelli stessi soldati, quelli stessi alpini, quelli stessi bersaglieri, quelli stessi fucilieri del 34.° e 57.° di fanteria, che avevamo lasciati a Rodi brev’ora prima.

Dopo Kalitea si sale per una roccia dove trovammo inciso Zito Italia. Certo da qualche contadino dei dintorni, non tanto per nostro amore, quanto per un odio di quattro secoli contro il turco. E ci apparve la baia d’Aphandos e la piana, simile a quella di Kalitea, con un arco di colline intorno. Poiché quasi tutta la costa dell’isola è così come frangiata di piane, ora dinanzi a baie, ora al mare continuo, tutte quante comprese da bracci di monti che si ramificano dal gran nodo centrale. Sono anfiteatri che hanno per apertura il mare, per cinta il semicerchio delle colline petrose, rocciose, cespugliose; nel mezzo, tra le colline e il mare, sta la piana, stentatamente coltivata dal contadino greco avvilito, e nell’avvilimento impoltronito, dall’usura e dall’esattore delle tasse turche. La civiltà plutocratica europea che tutela i suoi interessi turchi, ignora che in