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rodi d’italia 103


I greci, gli arabi, gli ebrei, i turchi, abitano accanto, non insieme; convivono secoli e secoli nella stessa città dove convennero d’ogni parte, portati da ogni fortuna, e restano separati nei loro quartieri, stranieri gli uni agli altri, tutti stranieri sulla stessa terra. Rodi, come ogni città simile, ha un quartiere per gli ebrei, un quartiere per i greci, un quartiere per i turchi; ed ha poi un quartiere comune dove turchi, greci ed ebrei vengono cotidianamente a rimescolare i loro cenci, le loro sozzure e le loro vettovaglie. Sono appunto questi i mercati.

Ai mercati di Rodi e in tutta quella zona della città che per noi europei è più propriamente città; presso al porto, nel cosidetto centro delle botteghe e dei traffici, ritrovate la sozzura di Tripoli. Se passate di notte, non vedete più che in una tomba, e inciampate nelle carogne dei cani distese dentro le buche del selciato, e di vivo c’è soltanto il tanfo terrestre e marino alle vostre nari. Di giorno, vedete tutto quel ben di Dio che l’isola ferace manda, i canestri delle auree albicocche, i corbelli dei pomodori pregni di polpa, i piccoli poponi retati, gli erbaggi freschissimi e le untuose olive, splendere sopra la putredine.

Sotto il regime turco Rodi decadde. Di tutte le Sporadi Rodi ha oggi la fama di