Pagina:Corradini - Sopra le vie del nuovo impero, 1912.djvu/124

102 rodi dei turchi e de’ cavalieri

o emigranti per i tre continenti del mondo antico come l’ebreo, o predoni e conquistatori come il turco e l’arabo. Ovunque questi popoli si ritrovarono insieme, come il turco, l’arabo e l’ebreo a Tripoli, o il turco, l’ebreo e il greco a Rodi, impotenti tutti e ciascuno di loro a rinnovarsi e trasformarsi, prolificarono nella loro immobilità secolare e millenaria. Come bestie giacenti del loro sterco, così essi si ricoprirono delle loro prolificazioni. E le condizioni della loro esistenza sono appunto la immobilità economica, civile, morale, la loro separazione etnica, la sozzura. Quando da una delle nostre città moderne passiamo in uno di questi stallaggi di prolificazione delle vecchie stirpi, e subito naturalmente sentiamo di aver fatto un salto a picco nel passato, una grande nausea ci assale: non per la pietra che prende e commuove in noi l’artista, ma per quella umanità la quale repugna alla nostra capace di sempre più organarsi con le forze organiche sempre più veementi e spaziose dell’universo. La bellezza della natura, dov’è, come in questa divina isola del sole circondata dal mare e dall’Asia; la bellezza della natura nell’immutabilità della sua vicenda eterna si sposa con la pietra vetusta e col monumento diruto, ma non con la bestiale inerzia dell’uomo.