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88 da trianda, sul monte smith,

su capo Alupo e su Io scoglio di Simi. Appariva ai miei occhi tutta l’immensità dell’Asia che allunga quel braccio a circondare Rodi, e il sole tramontava per me sull’immensità dell’Asia. Così mi apparve come non mai altrove la solennità di quel rito della natura, cotidiano ed eterno. In tale unione con l’Asia, in tale possibilità di congiungersi con l’Asia per il ponte del mare e del cielo, sicchè d’entrambe sia lo spettacolo naturale, sta la bellezza di Rodi, la sua grazia, la sua delizia, il suo incanto, e sta la sua grandiosità.

Un inglese, uno di quei vegeti sardanapali estetici dell’impero che cercano le alture sui cinque continenti, uno di quelli che nella nostra Firenze cercano le torri per abitazione, edificò una palazzetta sul monte che da lui prende il nome; e così sulle nomenclature dell’isola greca sovrasta questa nomenclatura anglo-sassone: monte Smith. Quando si è sul monte Smith, ci sentiamo su uno dei culmini sovrani del mondo. Di lassù si spazia dall’occidente all’oriente, dal mezzogiorno al settentrione. Si spazia su tutto ciò che sta sotto, la baia di Trianda e tutta la città che scende per la balza al mare, Neokorio, la città nuova, la città de’ Cavalieri, la città turca, la città israelita; e si spazia su tutto ciò che sta