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Don Vincenzo 257


il Guerini era uno dei proprietari giusti, di quelli che cercano il benessere degli operai, ma non poteva dar retta ai loro capricci; si sa, il danaro più se n’ha, più ve ne sarebbe bisogno, e dovevano contentarsi e non esiger troppo.

Volevano parlare tutti ad un tratto, tanto che don Vincenzo dovette alzare la voce per rimetter un po’ d’ordine. Narravano che avevano tutti numerose famiglie da mantenere, e che i viveri crescevano di prezzo ogni giorno. Tutto ad un tratto entrò un uomo conducendo, anzi quasi trascinando, una ragazza pallida, magra, che metteva compassione.

— Vede se siamo ingiusti? — disse rivolto al prete, — mia figlia è ammalata e non ho mezzi per farla guarire; noi non domandiamo di aver dei palazzi, delle carrozze, ma almeno abbiamo diritto d’avere il necessario per curare i nostri figli ammalati; non domandiamo per le nostre famiglie che soffrono che una parte di quello che gettano via i ricchi nei divertimenti.

— Ha ragione; bene! — gridarono tutti quegli operai, facendo eco alle parole del loro compagno.

— Adagio, — disse don Vincenzo, — qui si va fuori del seminato; tutti quelli che mi hanno chiesto dei soccorsi, sono stati esauditi, anzi la