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aver sempre tra i piedi i loro mariti oziosi e desideravano che quello stato di cose terminasse; in dieci giorni, non s’era fatto un passo; soltanto tutti erano affranti, e capivano che a quel modo non potevano durare.

Don Vincenzo era il più afflitto di tutti, non riconosceva più il suo villaggio quieto e tranquillo e i suoi parrocchiani un tempo tanto laboriosi. Egli li vedeva tutto il giorno all’osteria, li sentiva alzare la voce e tremava per quelle povere famiglie che sarebbero state vittime innocenti. Egli voleva finirla, e dopo aver avuto una lunga conversazione col signor Guerini, decise di parlare la domenica prossima dal pulpito ai suoi fedeli. Infatti, dopo la messa, egli si rivolse al popolo e così incominciò il suo sermone.

«Dove sono, — disse, — i miei fedeli parrocchiani che andavano la mattina al lavoro cantando allegri e felici? Dov’è il mio villaggio tranquillo nel quale non si incontravano che facce liete, e che vedo ora tutto pieno di gente oziosa e vagabonda, di facce scure e minacciose, di persone briache? Io non riconosco più questi bei luoghi dove regnava la pace, dove fervea il lavoro, e mi par d’essere in un altro mondo.

«Io vi parlo come un padre parlerebbe ai suoi figli, penso al vostro bene e a quello delle vostre