Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
250 | piccoli eroi |
aver sempre tra i piedi i loro mariti oziosi e desideravano che quello stato di cose terminasse; in dieci giorni, non s’era fatto un passo; soltanto tutti erano affranti, e capivano che a quel modo non potevano durare.
Don Vincenzo era il più afflitto di tutti, non riconosceva più il suo villaggio quieto e tranquillo e i suoi parrocchiani un tempo tanto laboriosi. Egli li vedeva tutto il giorno all’osteria, li sentiva alzare la voce e tremava per quelle povere famiglie che sarebbero state vittime innocenti. Egli voleva finirla, e dopo aver avuto una lunga conversazione col signor Guerini, decise di parlare la domenica prossima dal pulpito ai suoi fedeli. Infatti, dopo la messa, egli si rivolse al popolo e così incominciò il suo sermone.
«Dove sono, — disse, — i miei fedeli parrocchiani che andavano la mattina al lavoro cantando allegri e felici? Dov’è il mio villaggio tranquillo nel quale non si incontravano che facce liete, e che vedo ora tutto pieno di gente oziosa e vagabonda, di facce scure e minacciose, di persone briache? Io non riconosco più questi bei luoghi dove regnava la pace, dove fervea il lavoro, e mi par d’essere in un altro mondo.
«Io vi parlo come un padre parlerebbe ai suoi figli, penso al vostro bene e a quello delle vostre