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La macchina fotografica | 223 |
e disse ch’era proprio adirata colla fotografia e con tutte le nuove invenzioni.
Don Vincenzo fece eco alle sue parole; anch’egli trovava che si viveva meglio nei tempi passati senza tante macchine, tanti giornali e tante scoperte. Appunto quella mattina aveva letto in un giornale che un operaio aggiustando un filo della luce elettrica era rimasto fulminato e che era avvenuto uno scontro ferroviario: tutte cose che in altri tempi non sarebbero accadute. Damiati non voleva sentire quei discorsi; egli che era un vero uomo moderno, amava il progresso e ammirava i nuovi ritrovati della scienza: diceva soltanto che bisognava esser preparati a tutte queste novità. Invece ci comportavamo da bambini, esagerando in tutto; prima eravamo rimasti spauriti dall’invasione di tante macchine, che si credevano opere infernali, dopo s’andò all’eccesso opposto, e si riguardò tutto come un giochetto, mettendo spensieratamente le mani fra le macchine, bruciandosi e avvelenandosi coi preparati chimici, esaltandosi il cervello colla lettura dei giornali, impazienti di correre e d’arrivare, dopo che il vapore avea sostituito i cavalli, avidi di notizie dopo che correvano col telegrafo, e tutta una vita agitata e febbrile che venne a turbarci la calma.
— A me, vi confesso, — soggiunse, — piace