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pochi giorni, più che se fossi andata a scuola; essa sa tutto: sa curare gli ammalati, fasciare le ferite, fa dei buoni dolci, e poi ha scritto dei racconti, che ci legge qualche volta, ed è per me una vera festa il sentirli.

Se una buona fata mi domandasse di esprimere un desiderio, ti assicuro che non chiederei, come farebbe l’Elisa, gli equipaggi e i vestiti eleganti della signorina Guerini, nè di essere un famoso pittore, come vorrebbe Mario, o un eroe come Carlo; ma le chiederei di farmi rassomigliare a Maria.

Spero che quando saranno ritornati in città, mi lascerai andar spesso in casa Morandi; sarà il mio più grande divertimento, ed io studierò, e sarò buona per meritarmelo.

Addio, mammina, abbraccia il babbo, e sta sicura che per quanto io mi trovi qui assai bene, pure sono impaziente di abbracciarti.

La tua Angiolina.


P.S. Prima di spedirti la lettera ti racconto l’esito della nostra gara.

Alla presenza del professore Damiati si diede lettura dei nostri scritti.

Quello di Vittorio, e quello della tua figlia furono giudicati i migliori.