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sempre il peso dei miei pensieri, l’ansia del mio povero cuore.

Non so quanto tempo rimasi sulla poltrona accasciata accanto al fuoco colla testa che pareva mi volesse scoppiare. Le tempie mi martellavano, e un dolore forte, terribile mi toglieva ogni sentimento, e quasi benedivo quel dolore che mi annientava la facoltà di pensare.

Il male fisico vinse; ebbi appena la forza di andare in camera mia, gettarmi sul letto e seppellire il mio capo ardente in mezzo ai guanciali; il mondo poteva ormai capovolgersi, mio marito tradirmi, non sentivo che la mia forte emicrania. La tortura fisica avea in quel momento preso il sopravvento, ed io non avevo fatto altro che cambiar sofferenza.