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(XVIII.)


345Gli Uomini in folla, e la più debil Sesso
Con caldi voti in su le labbra ansanti,
Con l’incensiero in man profanamente
Idolatraro i Luminar dell’Etra.
Nessun argine più, nesuna diga
350Ritenne i flutti impetuosi, e l’onde
Di Supestizion vana, e chimerica,
Ma ch’avea Sacerdoti, e culto, e tempio
Nelle Scuole più illustri, e rinomate.
Si credea, si volea, che quanto in Terra
355La Natura produce, e in aria, e in acqua,
Certo principio avesse, e certo fine,
E vicende, e fortune atre, o serene,
Come piaceva a inesorabil Stella.
Esser però dovean più cauti, e accorti
360Questi Seminator di Sapienza
Nello spacciar con sovraciglio grave
Della Filosofia li sacri Oracoli.
E forse ben le lor parole han dentro
Succo vital, che la corteccia copre,
365E ambrosio mele in aurei favi chiuso,
Che ai Genj grandi sol di gustar lice,
A pochi Genj illustri, e a Dio diletti,
Ch’osan levarsi come Aquile a volo,