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(XIV.)


Cefeo, Boote, e l’Anima di Cesare
250Novella Stella a’ suoi Quiriti apparsa,
E d’Adriano dolce foco il bello
Muliebre Antinoo si schierar ne i campi
Del Firmamento, i cui quartier descrisse
Arato volti all’Aquilone, e all’Austro.
255Di questi Lumi, che passeggian gravi
Col Mobil primo d’Orto inver l’Occaso,
Come sacri guardando i lor confini,
E in cent’anni avanzando appena un passo,
Primo cantò i viaggi, e la natura
260Un Vate d’Ascra con selvaggia avena,
Nè vergognossi d’abbassar lo stile
Fra le Ninfe de’ prati, e boschi, ed orti,
E fra Satiri, e Fauni, e fra Silvani,
Ei che potè cantar con lingua santa
265De i Dei la Schiatta, e i Talami beati.
Dopo Lui fè suonar la sua Sampogna
Nunzia del corso, e del poter de i Cieli
Al buon Cultor delle Latine glebe
Quel Mantovan, che poi cangiolla in Tromba,
270Armonica così, che Dido, Enea
Van chiari al paro di Calipso, e Ulisse.
E alfin con Tosco dilicato labbro


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