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epilogo 61

lidisce, imbruttisce il valore delle cose, nega il mondo. Il «mondo» è un termine d’ingiuria cristiana. — Queste antitesi nell’ottica dei valori sono entrambe necessarie: sono punti di vista ai quali non ci si approssima con argomenti e confutazioni. Non si confuta il Cristianesimo, come non si confuta una malattia degli occhi. Aver combattuto il pessimismo come una filosofia fu il colmo dell’idiozia sapiente. Le nozioni di «errore» e di «verità» non hanno, a me sembra, alcun senso in ottica. — La sola cosa che s’abbia a combattere è l’ipocrisia, la cattiva fede istintiva, che rifiuta di accettare quelle antitesi in quanto antitesi: com’era ad esempio la volontà di Wagner che, in materia d’ipocrisie siffatte, raggiungeva una vera maestria. Gettare uno sguardo furtivo sulla morale dei Padroni, la morale nobile (— la Saga islandese n’è press’a poco il più importante documento — ) e, nello stesso tempo, aver sulle labbra la dottrina contraria, quella dell’«evangelio degli umili», del bisogno di redenzione!... Io ammiro, sia detto di passaggio, la modestia dei cristiani che si recano a Bayreuth. Io stesso non sopporterei certe parole nella bocca d’un Wagner. Vi sono idee che nulla hanno a vedere con Bayreuth... Come? un Cristianesimo approntato per wagneriane, forse da wagneriane — giacché nei suoi vecchi giorni Wagner