vita ascendente; e allora resiste fin nelle più profonde sue radici alle virtù della vita discendente. Oppure si manifesta essa stessa come vita discendente, e allora ha pur bisogno delle virtù della Decadenza, e repugna a tutto ciò che non si giustifica se non per la plenitudine e la sovrabbondanza delle forze. L’estetica è legata in maniera indissolubile a queste premesse biologiche: v’è un’estetica di decadenza; v’è un’estetica classica, — il «bello in sè» è una chimera come l’idealismo. — Nella più stretta sfera dei così detti valori morali non si potrebbe avere un antagonismo più forte che tra la Morale dei Padroni e la morale delle valutazioni cristiane: quest’ultima è cresciuta sopra un terreno assolutamente morbido (— gli Evangeli ci presentano esattamente gli stessi tipi fisiologici che si trovan dipinti nei romanzi di Dostoiewsky); la morale dei Padroni invece («romana», «pagana», «classica», «Rinascimento») è il simbolo della constituzione perfetta, della vita ascendente, della volontà di potenza come principio di vita. La morale dei Padroni è affermativa, per istinto, quanto la morale cristiana è negativa (— «Dio», il «Di-là», l’«Abnegazione», altrettante negazioni). L’una comunica la sua plenitudine alle cose - transfigura, abbellisce, razionalizza il mondo — , l’altra impoverisce, impal-