pato in una scala sempre più grande? — Innanzi tutto l’arroganza dei profani e degli idioti in materia d’arte. Or essa vi organizza delle Società, vuole imporre il suo «gusto», vorrebbe anche giocar l’arbitrio in rebus musicis el musicantibus. In secondo luogo: una indifferenza sempre più grande per ogni disciplina severa, nobile e conscienziosa a servigio dell’arte; la fede nel genio ne tiene il posto — o, per parlar più chiaro, l’impudente dilettantismo (— se ne trova la formula nei Maestri Cantori). In terzo luogo, ed ecco quel che è peggio: la Teatrocrazia — , la follia d’una credenza nel primato del teatro, nel diritto di sovranità del teatro sulle arti, sull’Arte... Ma bisogna dire cento volte in faccia ai wagneriani quel che è il teatro: non è mai altro che una manifestazione al di sotto dell’arte, qualcosa di secondario, qualcosa che è divenuto più grossolano, qualcosa che s’adatta al gusto delle masse dopo essere stata falsata da esse. A questo, Wagner, anche lui, non ha portato alcun mutamento: Bayreuth è grand’opera — e neppure buona opera... Il teatro è una sollevazione delle masse, un plebiscito contro il buon gusto... È precisamente quel che vien provato dal caso Wagner: egli ha guadagnato le masse, — ha pervertito il gusto, ha finanche pervertito il nostro gusto per l’opera!