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lettera da torino 37

trigo la necessità, ed egualmente darla allo svolgimento, in maniera che l’uno e l’altro non siano possibili che in un solo modo, che l’uno e l’altro producano l’impressione della libertà (principio del minimo sforzo). Ebbene, in tutto ciò Wagner suda quanto meno è possibile di sangue; ed è certo che per complicare e risolvere intrighi egli compia lo sforzo minimo. Si metta sotto al microscopio non importa quale «intrigo di Wagner — vi sarà di che ridere, ve lo prometto. Niente di più allegro dell’intrigo del Tristano, se non forse quello dei Maestri Cantori. Non v’è da illudersi: Wagner non è un drammaturgo. Gli piace la parola «dramma» — ecco tutto: gli son sempre piaciute le parole sonanti. Ciò non ostante la parola «dramma» nei suoi scritti non è che un semplice malinteso (— ed anche un’abilità: Wagner fece sempre il gran signore di fronte alla parola «opera»); così come la parola «spirito» nel Nuovo Testamento non è che malinteso. — Già egli non era abbastanza psicologo per il dramma; sfuggiva istintivamente alla motivazione psicologica, — e come? mettendo sempre l’idionsicrasia al suo posto... Moderno, non e vero? e parigino! e decadente!... Gl’intrighi, sia detto di passaggio, che Wagner sa effettivamente sciogliere mediante le sue invenzioni drammatiche son di tutt’altra natura. Un esem-