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lettera da torino 35

non ci dà abbastanza da porre sotto i denti. Il suo recitativo — carne scarsa, un poco d’ossa e molto brodo — io lo chiamo recitativo «alla genovese»: con la qual cosa non intendo punto d’essere amabile verso i Genovesi, sì bene verso il vecchio recitativo, — il recitativo secco. Per quanto riguarda i leitmotivs wagneriani, mi mancano conoscenze culinarie per essi. Darei loro, forse, se vi fossi costretto, il valore di salvadenti, una specie d’occasione per sbarazzarsi dei residui d’alimenti. Vi sono anche le «arie» di Wagner... E qui non aggiungo parola.

8.


Anche nell’abbozzo dell’azione Wagner è innanzi tutto commediante. Ciò ch’egli vede con immediatezza è una scena di effetto assolutamente certo, una vera azione1 con altorilievo di gesti, una scena che scompiglia, — e di cotesta scena egli approfondisce l’idea,

  1. E stata una sventura per l’estetica il fatto che si sia sempre tradotto la parola dramma in «azione». In questo Wagner non è solo ad ingannarsi: tutti sono ancora nell’errore; ed anche i filologi, che dovrebbero esser meglio informati. Il dramma antico avea di mira grandi scene patetiche, — eliminava per l’appunto l’azione (la relegava innanzi l’inizio del dramma o dietro la scena). La parola dramma è di origine dorica; e nel comune linguaggio dei Dori significa «avveni-