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lettera da torino 33

m’ordine — ha accresciuto all’infinito la potenza d’espressione della musica — ; è il Victor Hugo della musica considerata come linguaggio: supponendo sempre che la musica possa, in talune circostanze, non esser musica, ma un linguaggio, un utensile, un’ancilla dramaturgica. La musica di Wagner, se le si toglie la protezione del gusto teatrale, un gusto assai tollerante, e semplicemente cattiva musica la più cattiva forse che sia stata mai fatta! Quando un musicista non sa più contare fino a tre, diventa musicista «drammatico» diventa «wagneriano»...

Wagner ha quasi scoperto qual magia possa essere esercitata anche con una musica incoerente e ridotta in qualche modo alla sua forma elementare. La conscienza che di ciò egli aveva raggiunse proporzioni terribili, com’anche il suo istinto di fare a meno di quelle regole supreme che sono lo stile. L’elementare basta — suono, movimento, colore e insomma la materialità della musica. Wagner non ha mai calcolato come musicista, con una coscienza di musicista: vuole l’effetto nient’altro che l’effetto. Ed egli conosce bene l’elemento sul quale deve produrre cotesto effetto! Possiede in questo l’assenza di scrupoli che possedeva Schiller, che possiede ciascun uomo di teatro; ed anche quel disprezzo del mondo ch’ei mette ai suoi piedi!... Si è


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