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32 | il caso wagner |
pressura del patos wagneriano, questo attaccamento implacabile a un sentimento estremo, questa lunghezza terrorizzante delle situazioni ove l’attesa di un istante già vi soffoca!
Wagner, d’altronde, era davvero un musicista? In tutti i casi egli era, anche più, altra cosa: un incomparabile istrione, il più grande dei mimi, il più straordinario genio del teatro che i Tedeschi abbian mai posseduto, il nostro ingegno scenico per eccellenza. Il posto di Wagner è fuori la storia della musica: non bisogna confonderlo coi grandi geni di cotesta storia. Wagner e Beethoven — ecco una bestemmia — , e insomma un’ingiustizia anche per Wagner... Quanto a musicista egli non fu, dopo tutto, se non quanto era per sua essenza: divenne musicista, divenne poeta, poichè il tiranno che portava in sè, il suo genio di commediante, lo forzava a un siffatto divenire. Non si capirà mai nulla di Wagner senza aver prima capito il suo istinto dominante.
Wagner non era un musicista d’istinto. L’ha provato sacrificando ogni regola e, per parlar chiaro, ogni stile nella musica, per farne ciò di cui egli avea bisogno, una retorica teatrale, un mezzo d’espressione, un rafforzamento di mimica, di suggestione, di pittoresco psicologico. Wagner ci appare qui come inventore e creatore e novatore di pri-