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lettera da torino | 23 |
lezza? e non, piuttosto, il grande, il sublime, il gigantesco, ciò che scuote le masse? — E ancora una volta: è più facile esser gigantesco che bello: questo lo sappiamo... Conosciamo le masse, conosciamo il teatro. I migliori che vi si trovano — adolescenti germanici, Sigfridi cornuti ed altri wagneriani — han bisogno del sublime, del profondo, dello schiacciante. Di tutto questo noi siamo capaci. E gli altri dell’assistenza, i cretini della civiltà, i piccoli attediati, gli eterni feminini, le persone che digeriscono con gioia, in una parola il popolo, ha egualmente bisogno del sublime, del profondo, dello schiacciante. Hanno tutti una logica sola. «Colui il quale ci rovescia al suolo è forte; colui il quale ci eleva è divino; colui il quale ci suggestiona è profondo». Decidiamoci, signori musicisti; noi vogliamo rovesciarli al suolo, noi vogliamo elevarli, noi vogliamo suggestionarli. Noi siamo anche capaci di tutto questo.
Quanto a suggestione, a suggerimenti di fantasticaggini, è qui precisamente che ha suo punto di partenza la nostra idea dello stile. Innanzi tutto, niente pensiero! (nulla è più compromettente d’un pensiero!) ma lo stato d’animo che precede il pensiero! il germe del pensiero increato, la promessa del pensiero futuro, il mondo quale esisteva