cuno che vuol essere salvato — ora un uomo, ora una donna: questo è il suo problema. E con quanta ricchezza ci svaria questo leitmotiv! Chi dunque, se non Wagner, ci insegnerebbe che l’innocenza salva con speciale predilezione dei peccatori interessanti? (È il caso di Tannhäuser). O che anche l’Ebreo Errante trova la sua salute e diventa casalingo quando s’ammoglia? (È il caso del Vascello Fantasma). O che una vecchia femmina corrotta preferisce d’essere salvata da casti giovinetti? (È il caso di Kundry nel Parsifal). O anche che dei giovani isterici si compiacciano d’esser salvati dal loro medico? (È il caso di Lohengrin). O che delle belle ragazze si facciano più volentieri salvare da un cavaliere, che sia wagneriano? (È il caso dei Maestri Cantori). O che delle donne maritate, anch’esse, ricorrano al cavaliere? (È il caso d’Isotta). O infine che il «vecchio dio», dopo essersi moralmente compromesso in ogni modo, finisca per esser salvato da un libero pensatore, da un immoralista? (È il caso dell’Anello). Ammirate in particolar modo cotest’ultima profondità! La capite voi? Io, per me, me ne guardo bene... Che si possano trarre ancor altri insegnamenti dalle opere citate, io sarei piuttosto indotto a dimostrare che a contradire. Che un balletto wagneriano possa ridurvi alla disperazione — e alla virtù! — é