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metà del s. XV alla prima del secolo XVI. Il suo lavoro più conosciuto sono i «Nuptiali», dei quali e della vita dell’autore dette ampia notizia il Narducci.1
Eccone un breve riassunto.
Il nobile Gabriello Cesarino, trovandosi in età avanzata, pensa di dar moglie a Iuvangiorgio suo figlio «per recreare la sua senile età da qualche humano et delectevole transtullo» sperando «per la gratia del summo creatore, succurrer possa casa Cesarina de algun mellito et amabile figliolo.» Pertanto, in una conversazione di nobili romani della quale fa parte l’autore, si discute di tutto quello che è conveniente a sì magnifiche nozze, riferendosi ai costumi degli antichi, con profusa copia dell’erudizione del tempo. Ebbe M. Antonio Altieri profondo il senso della romanità classica, fu latinista più che mediocre, così che il suo stile è più latino che italiano, e la forma è tutta intesa con evidente sforzo a evitar quanto sapesse di volgare, e in conseguenza, tutto quello che di romanesco sorprendiamo nell’opera sua, gli è sfuggito involontariamente, per l’abitudine del parlar quotidiano. E quando sul Campidoglio arringava i baroni con infiammata eloquenza, per ridurli ad amichevole componimento, dovè sembrare agli astanti, che lo spirito di qualche console aleggiasse nel luogo sacro per tante solenni memorie.
Calda d’ amor per l’Italia e specialmente per Roma é una novella che fa parte dei «Baccanali», opera ancora inedita di M. A. Altieri.2 Io credo che l’autore abbia voluto con essa adombrare la disfida di Barletta, o adattare ai limiti e ritorcere al significato di quella un duello avvenuto in Milano fra il Romano Iuliano dello Mastro e lo spagnuolo Montagnes. La narrazione, benché goffa nelle linee e piena di puerilità, è pure tutta spirante d’amor patrio e di sentimenti romani, e sarebbe l’unica espressione artistica contemporanea di quel nobile fatto: segno, questo, assai più eloquente d’ogni altro della misera fortuna d’Italia in quel tempo.
Al s. XVI appartengono tre sonetti in dialetto romanesco,