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viarie, dai commercianti e da ognuno che paragoni un treno di 80 veicoli, il quale, grazie alle miti pendenze, procede regolarmente ed inalterato, con pochi freni, con poco personale, con poche soste e nessun ritardo, su una linea di pianura a doppio binario (come la Paris-Lyon-Méditerranée) ad un convoglio d’ una diecina di veicoli il quale stentatamente, fra i venti e le nevi, si avanza sulle rampe alpine od appenniniche, ad un solo binario, fermandosi ad ogni stazione d’incrocio, accumulando coi propri i ritardi degli altri treni, e portando il fardello di numeroso personale e di molti freni, i quali poi si trasporteranno anche in gran parte inutilmente nel piano dopo le lunghe soste al piede delle rampe.
L’espressione molto attenuata di tutti questi inconvenienti si ha osservando: che le spese di esercizio per tonnellata-chilometro-brutta sulle rampe del Semmering al 25 per mille sono quasi triple di quelle risultanti per la parte a mite pendenza dell’intera linea Vienna-Trieste; che tali spese sul Brennero superano di un terzo quelle del Semmering; e che i rapporti indicati diventano sensibilmente maggiori quando siano riferiti al peso utile trasportato, anziché a quello lordo, per la tara più elevata dei treni che transitano sulle linee di montagna rispetto a quelli delle ferrovie pianeggianti.
Tutte queste considerazioni ci fanno presentire quello che avverrà della rete peninsulare tirrena e della rete inferiore del Po, perdurando lo stato attuale delle comunicazioni attraverso l’Appennino, ossia lasciando il movimento longitudinale centrale della penisola vincolato alla Porrettana, che è una copia fedele del Semmering, ed alla Faentina che, per maggior lunghezza di linea e di forti rampe (aggravate da un’ enorme contropendenza), è in peggior arnese della prima.
Però, anziché spaventarci dell’abisso in cui sta per precipitare il nostro bilancio ferroviario, dobbiamo esaminarne le condizioni e trovare il modo di ridurre, da una parte, le spese di esercizio; e di accrescere, dall’altra, il traffico, per ottenere l’equilibrio indispensabile al regolare andamento di ogni amministrazione.
Come abbiamo visto nel Cap. III e come è dimostrato dai risultati dell’esercizio delle nostre ferrovie nell’ultimo ventennio, le spese dirette ed indirette delle linee di montagna, e specialmente delle forti rampe, sono tali e tante che non possono essere compensate dal movimento delle merci che si effettua su tali linee; e dette spese, terminando per ricadere sul movimento che ha luogo sulle linee di pianura, contribuiscono ad aumentare le spese generali di esercizio, e quindi a mantenere elevate le tariffe di tutta un’intera rete, con danno pel traffico che si svolge unicamente sulla parte pianeggiante di questa.
Ma vi è di peggio ancora: poiché, crescendo continuamente lo sviluppo delle linee di montagna, si aumentano le spese chilometriche medie di esercizio e le nostre condizioni economico-ferroviarie vanno sempre più peggiorando.
Ad ovviare a tale inconveniente, per potere cioè diminuire le spese di esercizio e quindi le tariffe, anziché correre il rischio inverso, almeno per la parte più difettosa delle nostre ferrovie peninsulari, è necessario di riportare il traffico longitudinale centrale, che è il maggiore, su linee a miti pendenze; destinando le ferrovie di montagna al solo movimento locale che, essendo di poca entità, grava meno sul bilancio ferroviario.
Ciò si otterrebbe appunto colla Direttissima Bologna-Firenze, la quale, procu-