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movimento ascendente, dal Sud al Nord, in corrispondenza colle Ferrovie peninsulari, ci prova che, oltre al movimento a vuoto che si verifica per l’invio dei vagoni a freno nelle stazioni ove devonsi caricare merci destinate a passare l’Appennino, abbiamo un grande movimento a vuoto discendente per il disequilibrio nel nostro traffico interno, e ci spiega il perchè le ferrovie Romane debbano impiegare un vagone pel trasporto di tonnellate 2,36 di merce, mentre il carico medio di ogni veicolo risulta sulla rete dell’Alta Italia di tonn. 6,50.

Da ciò ne segue che, ritenendo di tonnellate 6 il peso di un carro, il peso brutto medio di un vagone risulta circa il doppio di quello utile () sulle ferrovie dell’Alta Italia, e quasi quadruplo () sulle Romane. Perciò su queste le spese di trazione, a parità di prodotto o di movimento di merci, dovettero essere, nel decennio 1870-1879, quasi doppie di quelle che sarebbero occorse se il carico medio fosse salito da tonnellate 2,36 a 6,50 per veicolo; e questo significa che, date tali condizioni di carico, colle stesse spese di trazione sostenute in detto periodo di tempo, le Romane avrebbero potuto trasportare una quantità doppia di merci ricavando in conseguenza un maggior introito di circa 110 milioni.

E siccome il suesposto eccezionale stato di cose forse durava ancora allorchè (1881) la Commissione d’inchiesta sulle ferrovie pubblicava i suoi preziosi volumi, e d’allora in poi i prodotti delle merci sulle ferrovie Romane sono variati di poco, dobbiamo conchiudere che, se l’accennata anomalia nei trasporti conserva ancora la stessa intensità suindicata, collo stesso materiale mobile e colle stesse spese di trazione ora occorrenti su tale rete, si potrebbe effettuare un movimento di merci quasi doppio dell’attuale, ossia ricavare un maggior prodotto di diciassette milioni all’anno rappresentanti un capitale abbastanza considerevole.

Questa possibilità non è infondata se si osserva che dal 1871 al 1883 i prodotti chilometrici delle merci sulle ferrovie Romane si raddoppiarono, che ciò malgrado sono appena la metà di quelli che si ottengono sulla rete dell’Alta Italia, e risultano relativamente minori dei proventi analoghi dati dalle Ferrovie Meridionali e dalla rete Sicula. Perciò è evidente che il movimento sulla rete peninsulare tirrena, e per essa sulla Longitudinale centrale, è dall’Appennino soffocato, ed è ben lungi dall’avere raggiunto il suo pieno sviluppo.

§ XXVI. Conseguenze. — Ora se si riflette che il prodotto dei viaggiatori sulla rete delle Romane ha sempre dato risultati soddisfacenti e migliori di quelli che si ottennero sulle Ferrovie Meridionali; che al contrario queste, quantunque abbiano, come le Romane, un movimento ascendente più che doppio del movimento discendente, pur nondimeno ebbero per ogni veicolo un carico utile (di tonn. 4,70) quasi doppio di quello ottenuto dalle prime; dobbiamo inferirne che sulle Ferrovie Meridionali la buona distribuzione delle pendenze, e la ottima disposizione delle stazioni, permisero di fare il servizio con limitate spese di trazione ed utilizzando convenientemente il materiale mobile; laddove il contrario avvenne sulla rete delle Romane.

Se poi si osserva che la Società delle ferrovie Meridionali visse, quantunque il prodotto chilometrico delle sue linee sia sempre stato inferiore a quello della rete della Società per le ferrovie Romane, possiamo dedurne che le principali cause che trassero alla morte questa Società furono il disequilibrio nel movimento longi-