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quelle, píù toſto per amícítía et beníuolenza, che ſperanza dí premío. Ha donate molte ſue coſe, lequalí ſe vendere haueſſe voluto, n’haría tratta vna pecunía ínfiníta, s’altro non fuſſe che quelle due ſtatue ch’eglí donò a' Meſſer Ruberto Strozzí ſuo amícíſſimo. Ne ſolamente delle ſue opere e ſtato líberale ma della borſa anchora ſpeſſo ha ſouuenuto a bíſogní dí qualche pouero vírtuoſo, e ſtudíoſo, o dí lettere o dí píttura, del che ío poſſo eſſere teſtímone hauendolo víſto tale verſo me medeſimo. Non fu maí ínuídíoſo del altruí fatíche, anchor nel arte ſua, píú per bontà dí natura, che per openíone ch’eglí habbía dí ſe ſteſſo. Anzí ha ſempre lodato vníuerſalmente tuttí, etíam Raffaello da Vrbíno, ín fra ílquale et luí gíà fu qualche conteſa nella píttura, come ho ſcrítto. ſolamente glí ho ſentíto díre che Raffaello non hebbe queſt’arte da natura, ma per lungo ſtudío. Ne è vero quel che moltí glí appongano, che non habbía uoluto ínſegnare, anzí cío ha fatto volontíerí, et ío lho conoſcíuto ín me ſteſſo, al qual eglí ha aperto ogní ſuo ſecreto che a tal arte s’appertíene, ma la díſgratía ha voluto che ſi ſia abbattuto o a ſubíettí poco attí, o ſe pure ſono ſtatí attí, non habbíno perſeuerato, ma poí che ſotto la deſcíplína ſua ſaranno