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l’arsenico, o semprevivo delle vigne, il centone, la portulacca, il porro, la scabbiosa, il solatro, il macerone, la pilosella, il girasole, il cardo, la mache, l’elitropio, la rucchetta, la rapa, l’unghia di porco, ec.

Dopo aver cavato accuratamente colle radici queste piante, specialmente i cardi, e le campanelle (perchè la più piccola parte di queste in pochi giorni ossigena un nuovo individuo) si portano fuori della vigna per abbrucciarle, seccate che siano, e si spargono allora le ceneri nelle fosse delle piante giovani. S’esiste qualche contrada, dove per una malintesa economia si lavori coll’aratro, non si può che compiangere lavoratori tanto ignoranti, i quali trascurano così i loro veri interessi, e bisogna guardarsi dall’imitarli.

Nel Nord, dove l’equilibrio tra i principj del succo, e le proporzioni del calore è già naturalmente rotto per la poca elevazione della temperatura, si à la perniciosa abitudine di far predominare il succo con quei letami spesso ripetuti, che soministrano, è vero, raccolti abbondanti, ma che danno un vino senza sapore, e disaggradevole, che non si può conservare molti anni, senza che si converta tutto in cattivo aceto.

Le sostanze che si potrebbero impiegare in qualità di concime sarebbero i fusti fondamentali in gran masse di alberi, foglie, e cespi. Ma queste sorte d’ingrassi, sendo spesso rari, si rimpiazzano con terra di fiume, di stagni, di fosse, colle immondezze delle strade, che si dispongono in strati alterni collo sterco ben marcito di diversi animali. Passati uno o due inverni, questo composto si trasporta alla vigna.