Pagina:Compendio del trattato teorico e pratico sopra la coltivazione della vite.djvu/50


o[ 47 ]o

che sonosi veduti quei filamenti preziosi, che vivono quasi sulla superficie della lerra, e che sono tanto utili alla pianta, sonosi, dico, veduti scoperti, rotti, strappati, trattati come piante parassite dai lavori troppo frequenti, e mal estesi, i quali fanno passare una vite, anche giovine e vigorosa, allo stato più languido; stato che si attribuisce ai cattivi venti, agl’insetti, al difetto d’ingrassi, e che si attribuirebbe piuttosto a genj malefici, di quello che confessare la propria inerzia in tali occasioni.

Si è stabilito in qualche vigna l’uso sempre pericoloso di fare alla vite un gran numero di lavori. L’esperienza prova che tre le sono necessarj, e che un qualche caso assai raro obbliga il vignajuolo al quarto. Nei climi caldi il primo lavoro devesi fare dopo il taglio, ed alla fine di autunno per rendere alle radici quell’umido, che i fuochi della canicola gli ànno levato, e ch’è tanto prezioso alla pianta, che conserva con premura per affrettare il suo sviluppo col favore de’ primi bei giorni. Nel centro, e al nord, dove i freddi vietano fare questa operazione alla stessa epoca, il taglio deve avere luogo alla fine d’inverno; ma allora bisogna lavorare subito dopo per dar tempo a quella freschezza ricondotta alla superficie di dissiparsi, perchè altrimenti devesi temere il gelo pei germogli, i quali comparendo in quel momento, si trovano subito distrutti per non avere prontamente effettuato il primo lavoro. La natura della terra sembra indicare la profondità sino a cui dev’essere mossa. Nelle terre forti, e al basso delle montagne, bisogna penetrare sino a sei, sette pollici, e tutto al più alla metà nelle terre leggere, e sulla sommità delle co-