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sole, o nel forno. Una quarta parte di stajo di queste toppe basta per un barile di vino; in capo a ventiquattro, trenta ore il liquore è chiarificaro.
L’arte di tagliare i vini, di modificarne la forza, e il colore è divenuta tra le mani di alcuni uomini un ramo di commercio talmente fraudolente, che sono pervenuti a fabbricarli di ogni sorta, e dargli anche quell’aspetto lusinghiero, e quell’odore aromatico, il quale non può perciò imporre ai veri dilettanti che non vi troveranno alcuna qualità benefica di quei vini caldi, e generosi. Ma senza alterare le proprietà dei vini si possono tagliare, dargli della forza, del colore, con altri vini più spiritosi, e più coloriti: si aromatizzano col siroppo di framboé, e co’ fiori della vite rinchiusi in piccoli sacchetti, e sospesi nel liquido, come si pratica in Egitto. I rápes si ottengono gettando dell’acqua sulla feccia allorché si è ritirato il vino. Ma queste deboli bibite, poco colorite, sovente spiacevoli, sono economie assai mal intese, perchè in ogni tempo si à sempre la facoltà di attenuare la forza del vino, meschiandovi dell’acqua, senza privarsi de’ vantaggi che procura, come il gusto o il bisogno ci sforzi chiamarlo in soccorso.
I vasi nei quali si mette il vino, prendono differenti nomi secondo la loro grandezza, e i paesi in cui si adottano; perciò portano alcune volte quello di barilotti, di botti, caratelli, e alcune volte quello di moggio, di fogliette, ec.
Questi vasi sono ordinariamente di quercia, con cerchj di legno, o di ferro. Se i vasi sono grandi, le variazioni di temperatura permettono talune volte al liquido di scappare, ed espongono a considera-