Pagina:Compendio del trattato teorico e pratico sopra la coltivazione della vite.djvu/111


o[ 108 ]o

antichi, o ciò ch’è più da preferirsi, facendo bollire il mosto nella proporzione di venti a trenta pinte per ogni trecento bottiglie. Questo modo di correggere il mosto sembra rimontare ad una rimota antichità. Se si crede alla storia riferita da Fabroni, e che si trova l’Egitte de Mutardi ben Gasif, autore arabo, Noè, essendo sortito dall’arca, ordinò a ciascheduno de’ suoi figli di fabbricare una casa. Si occuparono in seguito a seminare, ed a piantare degli alberi, dei quali avevano trovati nell’arca e gli acini, e i frutti. La sola vite mancò a Noè, che non potè trovare giammai. Gabriele l’avvertì allora, che il diavolo l’aveva rubata, perchè era in diritto di farlo. Noè lo fece venire subito, e gli disse: Oh maledetto! perchè mi ài tu tolta la vite? Perchè mi appartiene, rispose. Dividetela, riprese Gabriele. Vi acconsento, continuò Noè, e glie ne lasciò un quarto. Non basta per lui, dice Gabriele. Ebbene! Ne prenderò io una metà, ed egli l’altra. Ciò non basta ancora, replicò Ga-



    chè è noto che deglutito agisce sull’economia animale come un potente veleno. Ad un tale oggetto tendono gli avvisi di E. F. Heistero (Delect. Opusc. med. T. Frank. T. III p. 311.) relativi all’attenzione de’ principi per la salute dei sudditi. E questo giudizioso scrittore, e il giovine P. Frank (Manuale di Tossicologia p. 45. Ed. di Parma 1805.) e il D. G. A. Unzer (Bibl. med. brown germ. V. v. p. 70.) ànno unanimi descritti in modo spaventoso gli effetti di questo avvelenamento.— Il trad.