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la cui maturità era tanto ritardata, che la metà dei grappoli era verde a segno che non si poteva sopportare l’acidità. Dopo levata la marcita, fece pestare tutto colle mani. Il succo torbidissimo era di un verde sporco, e talmente acido, che non si poteva assaggiarne senza ripugnanza. Avendo fatto sciogliere in questo mosto quanto basta di zucchero brutto per fargli acquistare il sapore zuccherino di un buon vino dolce, lo mise in una botte, e lo pose senza precauzione in una sala in fondo al giardino. Tre giorni dopo la fermentazione era incominciata, e terminò in capo ad otto. Questo vino aveva in seguito acquistato un sapore, che sebbene un poco aspro, era ben compensato dall’odore vivo, piccante, e vinoso che spargeva: il suo primo sapore, e lo zucchero aggiunto erano interamente scomparsi.

Il vino lasciato nella sua botte sino alla metà di marzo, era divenuto chiaro senza alcuna preparazione, ed aveva qualche cosa di più dolce, e più midolloso. Messo in bottiglie, ed assaggiato nel mese di ottobre 1777 era chiaro, squisito, brillantissimo, aggradevole al gusto, generoso, caldo, ed eguale in tutto a vino proveniente da una buona vigna, in un buon anno. Questo è il giudizio dei più intendenti, che non ànno mai potuto credere, che provenisse da uve verdi corrette dallo zucchero.

Questo successo di Macquer m’impegnò a fare una nuova sperienza ancora più decisiva, per l’estrema verdura, e la cattiva qualità di uva, che ò impiegata.

Li sei novembre 1777 feci cogliere da una per-