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76 | ANNA COMNENA |
esponendosi a gravissima strage per opera de’ suoi persecutori, ov’Enrico avessevi aderito. Ma questi, sebben persuaso che morto il duce agevole e sicuro addiverrebbegli l’incalzamento, e con esso la totale distruzione de’ fuggitivi, rattenne impertanto la foga de’ suoi, e, ristoratili, con breve riposo, de’ passati disagi, ritto condusseli ad assediare Roma. Spaventato il pontefice dal sovrastante pericolo manda chiedendo a Roberto aiuti giusta gli accordi, ed arrivano eziandio in pari tempo al duca i legati di Enrico pur eglino chiedenti a nome del re loro truppe ausiliarie per l’espugnazione dell’antica Roma. Se non che il Normanno schernendo ambedue rispose al re in altra guisa che per iscritto, ed al pontefice colla seguente lettera.
AL SOMMO PONTEFICE E SIGNOR MIO
ROBERTO PER LA DIVINA GRAZIA DUCA.
Udendoti esposto ad assalimento nemico molto ho indugiato pria d’accordar fede alla voce, onninamente persuaso che niuno osato avrebbe d'insorgerti contro. E chi mai, salvo un demente, può guerreggiare un padre, un tale e cotanto padre? Ti fo poi noto che apprestomi io stesso ad una malagevolissima guerra contro ben agguerrita gente, vo’ dire i Romani1, i quali empierono le terre ed i mari tutti de’ loro trofei. Per rispetto alle cose tue dichiaromi coll’intimo sentimento in obbligo di mantenerti la promessa, e lo farò giunto
- ↑ Dell’orientale impero.