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62 | ANNA COMNENA |
pena osservato quel certame, trattisi fuori della palude, frettolosi accorrono contro a Guglielmo, ed agevolmente trascinalo presso i cavalieri di Roberto, in attesa, come dicemmo, sopra l’altro colle, i quali a simile rimirata da lunge la zuffa, di già avacciavansi per la declività del monte di raggiungerli. Ora i compagni di Guglielmo, tardi accortisi della frode, avanzavano pur eglino quasi vendicatori dell’offeso padron loro, se non che Roberto salito in arcione, copertosi colla celata, brandendo ferocemente l’asta, e protetto dallo scudo piglia a combattere uno di essi e, feritolo, morto lo atterra, cessando così la foga dei compagni di lui, e distogliendoli dalla speranza di salvare il proprio signore. Eglino dunque all'istante, e vie meglio spaventati dalla vista de’ cavalieri di Roberto che inoltravano colle minaccevoli aste lor contro, diedonsi a gambe. Il perchè Mascabele, qual misero prigione in ritorte, vien condotto via impunemente, e rinchiuso nella stessa città da lui ceduta, in dote della figlia, all’egregio suo genero; questa città così accoglieva in allora, sotto la vigilanza della guernigione, il signor suo, donde fu meritamente Frurion appellata, come dire presidio o rocca.
XXXV. Ora nulla vieta il compiere la narrazione di quanto rimane da esporsi intorno alla crudeltà di Roberto. Fattosi costui padrone del suocero gli svelle ad uno ad uno tutti i denti profferendo all’estirpazione d’ognuno di essi certa dismisurata somma di danaro, e costringendolo ad indicargli ove questa rinvenire si poteva. Da ultimo, insiem coi denti esausto il danaro, se la prende cogli occhi cavandoglieli barbaramente. Ar-