lanti delle cose loro a temendone il saccheggio, aprirono le porte a Comneno, e Basilacio, uditone, passò dalla città nella rocca. Mandategli novamente dal gran Domestico le medesime condizioni, che non andrebbe, ripeto, soggetto, cedendo, a gastigo comunque, egli non volle sentir di pace; macchinava in cambio sortite e certami, niente del tutto potendo le angustie del luogo e di quanto lo attorniava temperare lo stato dell’ardita sua mente, e la fermezza del suo valoroso petto. Se non che alla fine, cospirandogli contro tutti gli abitatori e tutte le guardie della rocca, fu levato a forza di là, e consegnato, resistendo in vano, a mio padre; il quale inviò di subito un messo ad annunziare il prospero evento all’imperatore, dovendo egli rimanere ancor qualche tempo in Tessalonica per ordinarvi le pubbliche faccende, e quindi tornare in patria ricco d’una splendida vittoria. Laonde quelli che per sovrano comandamento erangli camminati incontro lo raggiunsero intra Filippi ed Anfipoli, e presentatigli in iscritto i voleri di lui, si andò, obbedienti ad essi, a cavare gli occhi a Basilacio presso ad un luogo detto Clempina e ad una fonte, che dall’avventutovi nomossi e tuttavia nomasi fonte di Basilacio. Questa fu la terza fatica superata, alla foggia d’Ercole, dal grande Alessio prima di ascendere il trono; nè andrebbe certamente errato chi raffrontasse Basilacio al cinghiale d’Erimanto1, e mio padre al valorosissimo figliuolo di Giove
- ↑ Ora Dimizana, monte, fiume e castello in Arcadia, ove da Ercole, prole di Giove ed Alcmena, fu domato il cinghiale, e portato su gli omeri vivo ad Adrasto.