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LIBRO PRIMO. 37

a gambe. Il mio genitore intanto, lanciatosi infin da principio nel mezzo de’ barbari, colle sue valorose azioni e coll’abbattere animosamente chiunque gli si parava innanzi, sconvolto avea la parte dell’ordinanza da lui assalita; nè si ristette dall’ardito intraprendimento, confidando mai sempre nella cooperazione del proprio seguito, che quando ebbe a sapere da ultimo la sua falange rotta, sperperata e messa in fuga. A tale annunzio scelti i più intrepidi infra guerrieri ivi presenti, e furono sei di numero, risolve di condurli, impugnate le spade, contro Brienio, e, trovatolo, di assalirlo valorosamente, fermo d’incontrare vittoria, o morte. Se non che da un soldato, di nome Teodoto ed antico suo domestico, fu distolto da cotanto intempestiva arditezza, e porto orecchio al consiglio di questo fido, sano di mente e dalla stessa puerizia sua molto provato iudividuo, abbandonò il pensiero d’un mal accorto cimento, e ritirossi un poco dall’esercito di Brienio, per raccogliere ed a sè chiamare i dispersi e più valenti suoi militi; quindi si pone di nuovo all’impresa. Ma prima ch’e’ desistesse nell’antedetta guisa dal fatto proposito gli Sciti avventatisi contro de’ Comateni sommessi a Catacalone, ed agevolmente spaventatili con molto strepito e con barbariche grida li aveano posti in fuga. Nè paghi di ciò eransi volti al saccheggio, e quando furono ben carichi di preda si fecero indietro negli accampamenti, donde erano venuti, per metterla in luogo sicuro. È desso vizio solenne degli scitici guerrieri, i quali non appena veggono il nemico in fuga, mal ferma tuttavia essendo la vittoria, dannosi a