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LIBRO PRIMO. 29

al destinato da essi a duce o capo della rivolta fossersi cavati gli occhi.

XIII. Ora il portentoso condottiero della guerra tenne Urselio in carcere come leone in gabbia, cogli occhi coperti da certo congegno onde la fama dell’accecamento di lui si mantenesse in vigore. Nè fu pago dell’operato, nè addormentossi dopo gli ottenuti prosperi eventi quasi per godere dell’abbondevole riportata gloria, ma, fermo nel pensiero che si dovessero con tutto l’impeto incalzare le abbattute fazioni, recossi contro le molte città e fortezze tuttavia in poter loro, nè depose le armi che dopo avere riconquistato all’impero il toltogli infin dai primi assalimenti del nemico. Riuscite a buon fine tutte queste cose venne condotto nella città regale, ove, mentre concedeva, fra la domestica quiete, alquanto ristoro a sè stesso ed all’esercito dopo le fatiche della malagevole spedizione, gli occorse di fare un miracolo simigliante quello attribuito ad Ercole, il quale d’improviso restituì al re Admeto viva e fiorente la consorte, allorchè egli lagrimavala morta1. Era Do-

  1. Era Admeto re di Tessaglia e prole di Fereo. I poeti fingono ch’egli fosse dalla morte immune, sempre che avessevi alcuno disposto a morire in sua vece. Ora giunto per malattia agli estremi, Alceste sua consorte e figliuola di Pelia offrì in cambio di lui la propria vita. Se non che pervenuto Ercole in Tessaglia nel giorno medesimo in cui ella venne sagrificata, Admeto lo ricevette ed alloggiò cortesissimamente, ed il suo ospite per gratitudine intraprese di combattere colla morte. Disceso a tal uopo nell’inferno ricondussene Alceste, a malincorpo di Plutone, e la restituì piena di vita al re. ((Euripide, Nat. Com.).