Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
26 | ANNA COMNENA |
Nè infra la plebe mancavano seduttori, scaltri artefici di scombugli, e pronti a vie più irritare gli animi già commossi ed infuriati sopponendo faci più del bisogno alla fervente sedizione. Divolgavansi intorno le costoro voci: doversi salvare e togliere dalle carceri Urselio, sgraziatamente sorpreso dalla forza; così alcuni; altri senza palesare una deliberata opinione agitavansi pur tuttavia e, come la minuta plebe suole in simiglianti casi, con istrepito e jattanza ivano a romore. Alessio vedendo il popolo di questa guisa furente e le cose sue a mal partito non si perdè in niun modo affatto d’animo, e pieno di coraggio, rizzatosi, colla mano impose silenzio; ottenutolo, avvegnachè tardi ed imperfetto, rivoltosi alla plebe disse:
XI. “Stupisco, o Amaseni, che non comprendiate ancora i macchinamenti di cotesti pravi incitatori. Vi darete sempre coll’opera vostra ed a vostra rovina ad uomini pieni d’inganni, e solo intenti a redimere la propria salvezza col vostro sangue? Ascenda pure quest’Urselio il trono, come andate con grida e macchinamenti dichiarando; quale vantaggio ne trarrete voi se non che stragi, accecamenti e mutilazioni? I promotori di cotanto vostro sdegno provvederanno da prima alla salvezza ed alle cose loro cattivandosi il favore del barbaro, ove poi vegganne dubbia la sorte, fattisi prontamente al possesso dell’animo imperiale, verseranno, a fe mia, sopra voi l’odio e le pene della ribellione, e sopra sè stessi la riconoscenza d’una costante fedeltà, e grandissimi guiderdoni, quasi che ai loro meriti unicamente sia dovuta la salvezza della