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200 | ANNA COMNENA |
vite a covertare le torri di legno coll’ammollirsi per la dirotta pioggia formato avendo larghi seni e svelto i chiovi che in acconci luoghi teneanle raccomandate all’edifizio, col ricevere il vento nelle vaste lor piegature e coll’aumentato peso traevano agevolmente in rovina le torri; e queste smisurate macchine sfracellavansi elleno stesse in cadendo, e colla propria mole e coll’impeto della caduta sprofondavano le già oppresse navi. Alla per fine si riusci a stento e con molta fatica a salvare, quantunque assai malconcia, la pretoria, ove dimorava egli il duce Roberto, e così pure miracolosamente fu il caso di parecchie altre da carico. Lugubre spettacolo era poi su pe’ lidi l’immensa strage de’ cadaveri gettati fuori dalle onde, e le cinture e le borse, e gli arnesi comunque delle genti in mare, sparsi qua e là a catafascio per le arene; non la pietà de’ superstiti, non la premura destatasi in essi del sotterramento potea bastare alle morti. Poichè oltre l’insopportabile fetore, la quantità de’ cadaveri chiedenti sepolcro eccedeva di molto ogni diligenza e potere de’ seppellitori. Di più stata essendo l’annona o guasta, o dalle onde ingoiata i campati dalla procella vedevansi costretti a perire di fame, se le campagne, propizie correndo la stagione, coperte ovunque di bionde e pronte messi, e gli orti ed i giardini pieni in generale pur eglino di maturi frutti non avessero opportunamente supplito la diffalta dell’annona.
XXVIII. Chiunque non privo al tutto di senno avrebbe senza dubbio compreso l’opera del Nume in quell’avvenimento, e profittando dell’avviso, ritratto sareb-