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LIBRO TERZO. 199

all’intorno del promontorio detto Glossa1, venne sorpreso da repentina orribile procella. Impetuosi venti con grande e veemente pioggia di neve sconvolgevano fin da suoi abissi il mare, fuormisura e con immenso fragore elevandone i flutti. Rompevansi qua e là nelle mani de’ remiganti i remi, le vele e le antenne di colpo fatte in pezzi cadeano sul tavolato, vascelli ed uomini eran lì per sommergere. Questo frangente accadde intempestivo, l’anno essendo nella state, ed il sole, di già trascorso in gran parte il Cancro, avacciavasi al Leone, il qual tempo diconlo principio della Canicola. Duci e soldati esposti a tanti e tali nemici di nuovo conio n’ebbero grave perturbamento vedendosi nè pari di forze, nè preparati alla difesa. Il perchè nella profondissima universale costernazione e mancanza di consiglio udivasi un confuso mormorio di mescolate voci, le une di pianto, le altre di lamentele, e terze venivan quelle invocanti Iddio salvatore, pregandolo che almeno si accordasse loro di mirare la terra. Ma esse tutte erano dal sordo mare ingoiate, per nulla rallentando la buffera, onde chiaro apparisse lo sdegno del Nume contro i superbi ed eccessivi attentati di Roberto, coll’attuale incontro di sinistro augurio nelle prime mosse avvertendolo il Cielo di non dovere attendere che perniciose conseguenze da una spedizione colpita nel suo principio da naufragio. Parte delle navi adunque co’ loro naviganti erano assorbite dal mare, e parte infrante urtando nelle secche e nelle costiere. Di più le grandi pelli bovine ser-

  1. Lingua.