noi diremmo la reggia), con giornaliere scorribande per largo e per lungo mandare a ferro e fuoco tutta la piaggia di prospetto a Tinia e Bitinia, infino allo stesso Bosporo, nomato ora Damali, e quando con truppe in sella, quando con fanti e tranquillissima sfrenatezza mettere ogni luogo a ruba, e pronto non solo a travalicare lo stretto colle navi, ma, che più monta, ad assalire la città; i Bizantini poi, quantunque aventi il nemico sotto degli occhi, proseguire imperterriti lor dimora nelle terricciuole site intorno ai lidi, e ne’ sagri templi, nessuno cercando intimorirlo e cacciarlo, pieni di spavento e costernazione eglino stessi per non sapere a qual partito appigliarsi. Il Comneno, ripeto, alla vista di così tremende sciagure e dopo essersi lungamente agitato in un mare di variati pensieri, si determinò infine per altro di essi, e tosto volle mandarlo ad effetto nel modo a un dipresso che prendo a narrare. Mette sopra navicelle i decurioni colle genti da loro comandate, scelte infra Romani e Comateni descritti ne’ ruoli per l’imminente pericolo, ed armati parte alla leggiera di solo arco e scudo, e parte di lorica, celata ed asta, ordinando ai condottieri di girare nelle ore notturne intorno a’ lidi, ed avvenendosi a qualche stazione di barbari superanti non di molto il numero loro, discesi alla coperta farebbonsi ad assalirli, quindi con pronta ritirata irebbe di nuovo ognuno al luogo di sua partenza. Avvertivali inoltre di eseguire cautamente l’impresa, estimandoli incapaci di tanto per sè stessi non essendo ancora esperti della tattica militare, d’ingiugnere ai nocchieri il dar ne’ remi col minore strepito possibile, e di tener eglino medesimi ben