dentali sovrastando Roberto, il quale movea ogni corda per mettere sul trono il falso Michele, o meglio ancora, valeasi furbescamente del pretesto d’un omiciatto onde far pago il desiderio da pezza natogli e fin qui rimaso nella sua mente di aprirsi la via all’imperio; cupidigia che, dal fumo e dalla cenere divampata in fiamme da per tutto minaccevoli, avea già principiato da occaso ad abbruciare col suo grande e veemente incendio le romane frontiere, essendosi ovunque per la terra ferma da lei raccolto numerosissimo esercito ed in molta copia apprestate nelle piagge di que’ mari triremi, e biremi da rimorchiare, e navi da carico di per sè veleggianti. Il valoroso giovine, ripeto, vedendo, e considerando ne’ principi del suo impero così gravi ostacoli forte agitavasi, non a bastanza certo da qual parte si dovesse rivolgere, di là traendolo i Turchi a combattere, di qua i Normanni. Principalmente poi lo contristava il meschino e deplorabile stato delle romane truppe ridotte a trecento comateni, e questi nè fermi, nè dall’esperienza ammaestrati. Gli ausiliari inoltre componevansi di ben pochi barbari spettanti alla classe di coloro, i quali sogliono portare pendenti dall’omero destro, a foggia di scari, spade a due tagli e fornite di manico. Nè l’esausto erario potea somministrar pecunia per fare leve di milizie, o chiamare gli aiuti de’ popoli confederati, essendosi dai reggitori dell’imperio nel corso di alcuni anni addietro in forma vuoi di comandamenti, vuoi di trascurataggine con tale scioperatezza ed imprudenza condotti gli affari che la buona fortuna del nome romano sembrava toccare gli estremi. E che sì; ricorda-