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LIBRO TERZO. 183

sapienza di questa matrona, rimarranno sorpresi od anche monteranno in collera osservando qui trattato con freddura e grettezza così grave ed illustre suggetto. E’ si pare inoltre che il motivo stesso dell’intrapreso lavoro non mi consenta di proseguirlo molto diffusamente, la quale rimembranza sebbene di continuo ferisca le mie orecchie e distolgami dall’andare più innanzi, pure non so indurmi, una volta deviatane, a farvi sì presto ritorno. La stessa mia avola poi non solea dedicare l’intiero giorno all’imperiale reggimento, ma in determinate ore davasi agli uffici di religione, assisteva al sacrificio liturgico, giusta la canonica usanza, nel tempio della martire santa Tecla, fatto costruire dall’imperatore lsaacio Comneno per tal quale cagione, che passiamo ad esporre.

XX. I principali infra Daci annoiati della fatta lega in altri tempi co’ Romani, e divisando poterli guerreggiare, cominciato aveano i loro assalimenti; uditone i Sauromati, detti ab antico Misii ed abitatori di là dalla ripa dell’Istro, dove questo fiume col suo alveo segnava il termine della romana signoria, disdegnarono pur essi di rimanere più a lungo entro de’ proprj confini. Laonde travalicatili pervennero armata mano sulle nostre frontiere per vendicarsi cogli innocenti Romani, trasandati per impotenza i veri nemici, delle offese ricevute dai Geti, che d’altronde colle scorribande e co’ ladronecci erano addivenuti loro molesti. Per queste cagioni adunque saliti in furore ed avendo noi a vile, colta l’opportunità del congelamento dell’Istro, inoltrarono per quella superficie, non altrimenti che segnassero orme sopra terra ferma, ed a mo’ non di scorreria,