bersagliato da comunque trista fortuna. Portò sempre di preferenza rispetto ai sacerdoti ed a’ monaci, avendo gli ultimi famigliarmente suoi commensali, e con frequenza tale che mai fu veduta assidersi al desco e non lo partecipare con essi. Di venerabile apparenza per gli angeli, di terribile pe’ demonj, se avvenivasi a lascivi e voluttuosi li affisava con sì rigido sguardo che rendeali nella impotenza di reggere alla severità di quell’aspetto, altrettanto propizio ed ilare co’ modesti. Imperciocchè benissimo conoscendo e possedendo la misura della tristezza e della giovialità non compariva in alcun tempo nè di soverchio austera ed intrattabile, nè colle gentili sue maniere piacevole oltre i limiti, onde schivare la nota, quasi diremmo di leggierezza. Così mediante non so che artificio ed incitamento a virtù moderando l’affabilità col rigore ella riuscì nelle giuste proporzioni amabile ad uno e degnissima di rispetto, quantunque sortita dalla natura tristo e silenzioso carattere. Del rimanente applicavasi di continuo a concepire nel suo animo e svolgere nuovi e nuovi pensieri, non perniciosi alla repubblica, giusta le dicerie delle cattive lingue, ma salutari di fermo e conducenti a ritornare, come possibil fosse, il già rovinato e quasi distrutto reame al pieno decoro della primitiva grandezza. Quantunque poi gravata dalla mole degli affari, non volea tutta via rimanerne per modo oppressa che venissele meno il tempo di attendere ai religiosi officj della monastica vita, quale appunto nella reggia medesima stabilito avea di professare. Consumava quindi la maggior parte della notte recitando per intiero gli inni divini a norma della ecclesiastica partigione in compito giornaliero