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180 ANNA COMNENA

limiti del convenevole e di quanto comporta il genere e lo scopo dell’intrapeso lavoro; proseguirò dunque ad esporre ciò ch’emmi vietato di passare con silenzio. Ella fu grande ornamento non solo del proprio contemporaneo sesso, ma degli uomini stessi, e niente meno che il comune decoro della natura umana. Pruova ne sia l’avere infin dal principio del suo reggimento ricondotto e forse levato a maggior perfezione la primitiva illibatezza di vita nel palazzo delle auguste, donde l’onore e la buona fama eransi sbandeggiate sin da quando le redini dell’impero giunsero nelle mani di Monomaco, addivenuto in allora quel venerabile sacrario camera di vanitade e turpi amori. E vaglia il vero fu sua opera lo stabilire là entro un tanto acconcio e commendevole ordine, che dirsi potea convertita la maggione dei re in asilo di religiosa famiglia. Eranvi in fatti ore determinate ad udire ed inalzare col canto inni al Nume, a sostentare col cibo il corpo, ed a trattare con misura gli urbani e politici affari. Ella, rendutasi tipo ed esempio di ogni lode, prodigio superiore all’umano intendimento ed a quanto suole ordinariamente avvenire nella natura, precedeva, traendo seco tutta la corte, ovunque tramandante raggi di onestà e pudicizia per modo, che messa al paragone colle decantatissime eroine modelli un tempo di probità, sembrerebbe, a non dubitarne, il sole comparato alle stelle. Qual lingua poi giugnerà ad esprimere in idonea guisa la costei misericordia verso de’ poveri, o la generosità di sua mano a pro degli indigenti? era la reggia comune asilo di tutti i meno doviziosi del parentado, e vi trovava conforto il