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LIBRO TERZO. 179

leggi, governava, disponeva l’occorrente. Il figlio quindi confermava gli scritti decreti apponendovi il proprio nome, e convalidava le deliberazioni vocalmente fatte col suffragio a simile della sua voce; di modo che, vaglia il dirlo, mio padre non era l’imperatore, ma il materno strumento dell’impero, sì tanto addivenivagli accetto e meritevole d’encomio il costei operato; nè solo obbedientissimamente secondavala come genitrice, ma eziandio prestavale attento e docile orecchio quale maestra intelligentissima dell’arte di regnare, avendola più che sperimentata di squisito acume d’ingegno nel corre l’ottimo partito cui attendere in qualunque affare e nel seguirlo colla massima rettitudine; superiore, nè poco, a tutti coloro che godevano rinomanza di prudenti ed esperti amministratori. Tali furono i principj del regno di Alessio, indicanti aver egli quasi a tedio il mirarsi autocrate, vo’ dire elevato ad una assoluta generale dominazione, essendo questo il volgar nome del supremo dominio, col trasferire nella propria madre una volta per sempre la facoltà di reggere come più le attagliasse l’impero.

XVIII. Qui altri in mia vece potrà, volendo, con isfoggio di precetti rettorici in così degno argomento levare a cielo la schiatta della nostra eroina discendente dagli Adriani Dalasseni e Caroni, ed a tutta briglia condurre le bianche quadrighe dell’eloquenza in vastissimo campo di lodi. Imperciocchè è mio uffizio, compilatrice d’istoria, il renderla insigne non adducendone la prosapia o il sangue, o se dall’uno o dall’altro traesse la origine, ma bensì i costumi e le virtudi, e pur questo entro i