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176 ANNA COMNENA

XVII. Ora chiunque prenderà in considerazione questa imperiale patente non potrà a meno di ammirare e commendare il filiale affetto di mio padre Alessio Augusto, il quale un vero nulla si ritenne avendo renduto partecipe la madre di tutti i diritti e gli onori della potestà suprema, e per fino sembrando, quasi direi, che discendesse dallo stesso trono imperiale per metterla in sua vece al reggimento della repubblica, serbandosi non più che il carico, siccome proprio del suo ministero, di comparire e far delle corse ne’ ditorni, ed il solo nome d’imperatore; tanto egli opera di già pervenuto dal fior di sua vita all’età virile, età in cui la brama del comando suol farsi vie meglio sentire negli individui così nati, cresciuti e posti in tale condizione. Nè certamente fe’ velo col pretesto dell’onoranza materna ad una sterile infingardaggine, o si procacciò, simulando scaltrita riverenza, tranquillità sicura. Imperciocchè volle di sua ragione i pericoli e le fatiche della guerra contro a’ barbari; le altre bisogne, poi, tali che l’amministrazione degli affari, le nomine de’ magistrati, l’ordinamento de’ tributi e delle pubbliche spese, affidò alla madre. Ed abbiavi pur chi lo dica di soverchio liberale e generoso trasferendo la reggia nel gineceo, e giudichi affatto immeritevole di approvazione l’aver commesso a donna l’universale governo di così vasto impero. Ma s’egli porrà mente, avendone contezza, alle costei doti grandissime di prudenza, di virtù e d’un ingegno fornito di ben rata penetrazione, riavutosi dal biasimo passerà tosto ad ammirare e lodare l’imperiale consiglio. Per verità era sì maravigliosa l’attitudine di questa mia avola nel maneg-