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172 ANNA COMNENA

tricò, ella c’instruì, ella sola fu il tutto onninnamente per noi. Dimessi pertanto ed emancipati dal suo grembo per introdurci nel senato e nel maneggio della repubblica non potemmo dimenticare il suo grande amore fin qui portatoci ed il rispetto ognora dovutole; anzi fu esso di poi corrisposto da pari filiale dilezione affermatale con tutte le pruove di fedeltà e riverenza. Fu mai sempre intra noi un sentimento unico, una sincera concordia, sola un’anima in due corpi. E cotanta affezione, la Dio mercè, si è così integramente serbata infino a questo punto che giammai ebbe a patire offuscamento o la più lieve offesa, neppur dal sono giunto alle orecchie di quelle frigide parole il mio, il tuo. Dal che riportammo, unitamente ad altri molti profitti, quello principalissimo d’aver ella fatto voti e porto di continuo ferventissime preghiere al Cielo, in virtù delle quali, tanto piamente crediamo, il Nume c’inalzò all’apice di questo impero. Nè di poi unqua desistette, quasi per colmare con nuovi meriti la prima sua benivolenza, dal sommettersi spontaneamente a partecipare le nostre fatiche, ora, compassionandoci, per alleviarne le cure e gli affanni, ed ora, dandoci consigli di comune vantaggio, per mitigarle e diminuire. Noi dunque pronti ad intraprendere una necessaria spedizione, pieni di fiducia sia questa per avere propizio il Nume, contro nemici di Romagna, e forte occupati nel far leva di truppe e nell’ordinare tutta la belli-