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168 ANNA COMNENA

chi, il volto che quelli del più abietto plebeo alla presenza de’ giudici prossimi con voto nero a sentenziarlo di morte. Quivi il tutto egli confessa non ommettendo nè il consenso prestato al primo concepimento, nè l’esecuzione dell’opera, nè il fine e lo scopo propostosi in essa, mostrando nella esposizione timor sommo del Nume e viva fede. Supplicavali al postutto che intesa la malattia vi applicassero giusta la sufficienza e potestà loro il rimedio, nè gli usassero cortesia di pene e supplizj, dichiarandovisi di buon volere sommesso. E queglino danno sentenza che soggiacer debbano coll’Augusto ad eguale espiazione quanti altri seco lui congiunti con legami di sangue e di amicizia ebbero in guisa comunque partecipato la sedizione e datovi aiuto, prescrivendo loro il digiuno, il dormire in terra e il di più che sogliono recar seco queste pratiche dei penitenti a fine di ricuperare la grazia divina. Tutti di buon grado accolsero e mandarono ad esecuzione la condanna, e fin le stesse lor donne vollero essere a parte di così grave lutto e squallore; poichè quantunque ben lontane dall’aver cooperato, la mercè del sesso, alla ribellione, opinavano dovere imposto dai vincoli conjugali ed officio di carità il desiderare la partecipazione stessa de’ patimenti cui soggiaceano i proprj consorti. Ciascheduna adunque volontariamente si unisce al marito per tollerare con iscambievole rassegnazione il severo gastigo. Laonde nel decorso di tutto quel tempo fu la reggia in ogni sua parte magione di pianto e lutto. Lutto non vile e dispregevole, nè indicante fralezza d’animo abbattuto, ma onesto, commendabile o